Le dolci colline del Chianti |
Mi capita spesso di parlare di
Chianti in termini entusiastici e vedere che la gente mi guarda storto, colpa
del cattivo utilizzo di questo nome da parte di chi ha voluto approfittarne per
vendere in giro per il mondo vini di bassa qualità. Cosa purtroppo comune alla
stragrande maggioranza dei vini italiani, ma che per il Chianti, a mio avviso,
è stata particolarmente negativa.
In
realtà ogni vero appassionato sa che con questo nome, ed in particolare sotto la
denominazione Chianti Classico, si nascondono goielli di prima grandezza,
grazie all’uva principe di questa denominazione, il Sangiovese, e grazie al
contributo di un territorio che da questo vitigno sa trarre il meglio.
Negli scorsi decenni si è assistito ad una sconsiderata
rincorsa al cosiddetto (e famigerato) “gusto internazionale” per
produrre vini che andassero incontro alle richieste di un mercato vasto, ma
culturalmente (mi si permetta questa parola) impreparato. Si è così fatto
ricorso ad uve che nulla avevano a che fare con la tradizione chiantigiana,
soparattutto Merlot e Cabernet Sauvignon come compagni del classico Sangiovese,
per produrre vini più morbidi, fruttati, concentrati, quasi marmellatosi nei
casi peggiori. L’impiego delle barrique nuove ha contribuito ulteriormente a
snaturare del tutto questi vini che nulla più avevano a che fare con il
classico carattere chiantigiano.
Da
qualche anno, fortunatamente, grazie alla testardaggine e coerenza di
produttori illuminati, sono molto più numerosi i vini rispettosi della
tradizione. Il mio consiglio è quello di fare un bel giro nell’area del Chianti
classico per scovare i vini che più soddisfano i vostri gusti ed anche per
ammirare un paesaggio unico. In questa area si è infatti creata una magica
armonia tra la natura ed il lavoro dell’uomo che ha veramente pochi eguali in
Italia e non solo.
Il
mio è pertanto un invito alla riscoperta di questo vino, il Chianti, e di
quella parte della Toscana che gli ha dato il nome.
Mi
limiterò alla segnalazione, limitata ed incompleta, di qualche vino che mi è
parso espressione particolarmente riuscita del concetto di “chiantigianità” che
posso cercare di riassumere così: colore rubino spesso non troppo carico,
freschezza, eleganza, sentori terrosi/minerali, le classiche note di viola,
giaggiolo e alloro ed un’acidità ben integrata, ma significativa. Debbo
segnalare che personalmente prediligo i prodotti base, più semplici e beverini,
oltre che meno costosi, piuttosto che le Riserve, cui un periodo di invecchiamento
in legno conferisce maggiore complessità a scapito però della freschezza e
della bevibilità. Ma ovviamente qui si tratta di gusti personali.
Il
primo vino che vi segnalo ha una storia particolare ed in realtà non si fregia
neppure del nome di Chianti, ma questo solo perché qualche decennio fa, Sergio
Manetti, padre di Martino attualmente al comando di Montevertine, uscì
polemicamente dalla denominazione non condividendo la possibilità, stabilità
per statuto, di utilizzare uve diverse dal Sangiovese per la produzione del
Chianti. I rossi prodotti da Montevertine (Pergole Torte, il più ambizioso,
Montevertine, equivalente per tipologia e modalità di invecchiamento ad un
Chianti Classico Riserva e Pian del Ciampolo equivalente ad un Chianti Classico
“base”) sono in realta oggi conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo e
rappresentano la vera essenza del Chianti ed in particolare del territorio di
Radda in Chianti, splendido borgo, unanimamente riconosciuto come patria di alcuni tra i
migliori Chianti. Nello stesso territorio infatti sono situate due altre
Aziende che ho imparato ad amare in questi anni, Val delle Corti e Monteraponi,
i cui Chianti Classico sono semplicemente fantastici.
Vi
ho parlato di Radda perché il mio amore per il Chianti è nato qui, ma non dimentichiamo
che attorno ci sono altri borghi (Castellina, Gaiole, Greve, Lamole, Panzano,
Barberino, Castelnuovo Berardenga …) che danno origine a vini con
caratteristiche riconducibili ai diversi terroirs ed altri produttori di
Chianti Classico spettacolari che la vostra curiosità e sensibilità aiuteranno
a scoprire. Ve ne segnalo solo in ordine sparso alcuni tra quelli che in questi
anni più mi hanno convinto: Castello Di Monsanto, Castell’in Villa, Badia a
Coltibuono, Vecchie Terre di Montefili.
Non
mi dilungo sulle eccellenze artistiche del territorio; basti ricordare che
siamo vicini a città d’arte tra le più importanti al mondo come Firenze e Siena
e che praticamente ogni borgo racchiude qualche scrigno meritevole di essere
scoperto ed ammirato.
Stesso
discorso potrebbe farsi per la cucina; vi segnalo comunque una trattoria dove
mi sono trovato molto bene e dove potrete degustare senza svenarvi i piatti più
tipici della grande tradizione toscana; si chiama Le Panzanelle e si trova a
Radda in Chianti in località Lucarelli (tel. 0577 733511)
Concludo
con un invito: tornate a bere Chianti, quelli giusti, ce ne sono tanti, ma non
aspettatevi di spendere meno di 10-15 Euro a bottiglia. Riscoprirete un vino
meraviglioso che vorreste avere sempre come compagno a tavola.
E dopo aver letto questo post, inizio a sognare le mie vacanze da quelle parti… con una certa acquolina in bocca. Cari saluti, M.Elena
RispondiEliminaGrazie carissima per il tuo apprezzamento e, già che siamo, complimenti per il tuo blog, fonte inesauribile di sempre interessanti proposte culinarie.
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