lunedì 12 dicembre 2016

Marzemino d’Isera e lago di Tovel: una gita in Trentino alla scoperta di due imperdibili gioielli.

Lago di Tovel in autunno

In meno di due ore da Milano l’Autostrada ci porta fino a Rovereto e da li in pochi minuti si può raggiungere il comune di Isera dove un antico vitigno a bacca rossa, probabilmente importato dal Caucaso secoli fa dai Veneziani, ha trovato la sua terra di elezione: il Marzemino. Il vino che porta questo nome era ben noto ai tempi dell’Impero Asburgico e il grande Mozart lo ha reso famoso facendone cenno nel Don Giovanni: “versa il vino, l’eccellente Marzemino”. La coltivazione di quest’ uva in Trentino si mantiene su livelli apprezzabili, anche se contrastata dal crescente successo di vitigni a bacca bianca molto più produttivi e quindi economicamente più redditizi quali il Pinot grigio e lo Chardonnay. Attualmente la superficie vitata a Marzemino è di circa 350 ettari, il 3% del totale in Trentino. L’ interesse  per il Marzemino appare oggi in crescita grazie al successo di vini maggiormente improntati alla finezza ed all’eleganza, di beva più agile e quindi maggiormente adatti al consumo quotidiano.
Una volta giunti ad Isera potrete visitare la Tenuta De Tarczal che deve il nome ad un Ammiraglio della Marina dell’Impero Asburgico che oltre un secolo fa sposò un’erede della famiglia Alberti all’epoca proprietaria dei terreni.

Da allora il nome De Tarczal è indissolubilmente legato per gli appassionati al tradizionalissimo Marzemino d’Isera che qui si produce, un vino dal colore rosso rubino scuro con riflessi violacei, incantevole già dal profumo in cui si percepiscono chiari richiami di viola e di spezie. In bocca è rotondo, fruttato,  con un lieve retrogusto amarognolo e trama tannica appena percepibile. Gradevolmente morbido non è  tuttavia stucchevole grazie ad una discreta acidità. Si rivela un ottimo compagno a tavola per la possibilità di abbinarsi piacevolmente sia ai primi che ai secondi della cucina trentina. De Tarczal produce anche un Marzemino Riserva “Husar” dotato di una struttura più importante e numerose altre etichette, sia da uve a bacca bianca che rossa, tutte di buona qualità. Vi segnalo in particolare per la pulizia e l’eleganza che lo contraddistinguono il Brut Metodo Classico da uve Chardonnay e Pinot nero. 

Adesso però calo l’asso; se siete arrivati fin qui non dovete mancare di prolungare la vostra gita verso un gioiello della natura non lontano e di abbagliante bellezza: il Lago di Tovel. Tutti ne abbiamo sentito parlare per la peculiare proprietà di tingersi di rosso in occasione della fioritura in piena estate di una particolare alga, la “Tovellia Sanguinea”. Questo fenomeno però non si realizza più dall’ormai lontano 1964; colpa dell’inquinamento penserete voi; invece no, anzi esattamente il contrario! L’alga proliferava grazie agli scarichi organici provenienti dalle mandrie di bestiame che pascolavano nei dintorni e che si sono drasticamente ridotte nel corso degli ultimi decenni. Il lago ha quindi perso questo suo singolare attributo, ma è in grado di offrire altrettanto affascinanti visioni grazie alla eccezionale trasparenza delle sue acque che, soprattutto nelle serene giornate autunnali, possono offrire un’incredibile varietà di colori e di riflessi.

Il lago di Tovel si trova all’interno del Parco Naturale Adamello Brenta ad un’altezza di poco inferiore ai 1.200 metri e si raggiunge dirigendosi verso Cles e la Val di Non dall’uscita Trento nord dell’Autostrada A4 proveniendo da sud. Prima di arrivare a Cles si devierà a sinistra in direzione di Tuenno, da dove parte la strada diretta al lago. Si attraversa  un ambiente naturale di grande bellezza, caratterizzato anche  dai resti di enormi frane staccatasi in passato dalle pareti rocciose che racchiudono la valle e dopo una dozzina di chilometri si raggiunge la nostra meta. Il lago, in cui si specchiano alcune imponenti cime delle Dolomiti di Brenta, è di origine glaciale ed appare circondato da una rigogliosa foresta di conifere con residui di bosco deciduo. Sono proprio questi ultimi in autunno a conferire quella magia e varietà di colori difficile da ritrovare in altri famosi laghi alpini. Le foto che accludo sono state scattate in una limpida giornata di fine ottobre percorrendo il sentiero che in circa un’ora e mezza consente di percorrere il perimetro del lago (ma molto di più se siete appassionati di fotografia o vi viene desiderio di sostare ogni tanto per ammirare con calma il panorama). Affascinato dagli incredibili riflessi nell'acqua ho pensato a Monet ed alle sue ninfee. La natura può offrire momenti di assoluta bellezza in grado di emozionare nel profondo gli animi sensibili. Il lago di Tovel in questo senso è incredibilmente generoso.

sabato 15 ottobre 2016

Penisola Calcidica e un vino di Santorini: una Grecia poco conosciuta

Piccola baia a Sithonia
Scopo principale di questo post non è tanto quello di parlare di un vino, ma piuttosto di suscitare il vostro interesse per una regione della Grecia ancora poco conosciuta e meritevole di essere visitata soprattutto per la straordinaria bellezza dei suoi paesaggi marini: la penisola Calcidica. Situata nel nord della Grecia, in Macedonia, è costituita da tre lingue di terra che si allungano nel mare Egeo per qualche decina di chilometri. 
Salonicco, l’antica Tessalonica, è facilmente raggiungibile in aereo dall'Italia e dista solo un centinaio di chilometri dai centri più settentrionali della Calcidica. La città, quasi completamente ricostruita con una moderna concezione urbanistica dopo il devastante incendio del 1917, merita una visita non frettolosa per la presenza di alcune antiche chiese bizantine ricche di meravigliosi mosaici e per l’atmosfera vivace che la contraddistingue. In particolare il quartiere Ladadika nell’area portuale è quasi interamente pedonalizzato ed invita a passeggiare tra le viuzze stracolme di attraenti localini ove sostare per bere o mangiare qualcosa. Spesso è possibile ascoltare musica dal vivo.
Per raggiungere la Calcidica la cosa migliore è noleggiare un’auto ed imboccare la superstrada verso Neo Moudania e da lì, costeggiando per una quarantina di chilometri il golfo di Cassandra, raggiungere la meta del vostro viaggio. Il mio consiglio è di orientarsi decisamente verso Sithonia, la penisola di mezzo delle tre. Infatti la più orientale, quella che comprende il monte Athos, è sostanzialmente una repubblica autonoma, occupata da una ventina di monasteri ortodossi, quasi totalmente chiusa ai collegamenti con il mondo esterno e visitabile solo prenotandosi con largo anticipo. Volendo si possono fare delle crociere che consentono una osservazione più ravvicinata mantenendo comunque una distanza di almeno 500 metri dalla costa. Cassandra, la penisola più occidentale, ha invece conosciuto negli ultimi decenni un intenso sviluppo turistico che ha portato ad una invadente cementificazione e quindi alla perdita di buona parte del suo fascino soprattutto per il turista più esigente.
Nei pressi di Sarti
Sithonia invece, nonostante non manchi qualche  esempio di urbanizzazione non proprio attraente, si caratterizza per la scarsa densità demografica e per la presenza di vaste aree non popolate ed occupate solo dalle spettacolari  pinete a pini di Aleppo o dalla macchia mediterranea. Va ricordato che la Calcidica fino a circa un secolo fa era quasi totalmente disabitata ed è stata sede di un modesto sviluppo demografico solo nel corso dei primi decenni del secolo scorso a seguito dei forti movimenti di popolazioni che fecero seguito alla guerra tra greci e turchi tra il 1919 ed il 1922. Ciò spiega la virtuale assenza di reperti artistici significativi a Sithonia, anche se va ricordata l’importante area archeologica di Olinto poco oltre lo snodo di Neo Moudania. Non va infine dimenticato che da queste parti nacquero due personaggi di straordinaria importanza nella storia dell’umanità, Aristotele ed Alessandro Magno.

La baia di Tourkolemnionas
A questo punto devo sottolineare che l’arma vincente di Sithonia è rappresentata dalla straordinaria bellezza del suo mare e delle sue spiagge, tale da conquistare anche un inossidabile amante della montagna come il sottoscritto. Sono censite circa una settantina di spiagge, quasi tutte facilmente raggiungibili via terra, magari affrontando qualche chilometro di sterrato. Mi ha colpito ed affascinato la notevole varietà, grandi o piccole, tra scogliere di multiforme aspetto, con sabbia bianca o dorata o di minuti sassolini, contornate dalle pinete o dalla macchia, talora all’interno di pittoreschi fiordi. Ovunque la costante è costituita dalla magnifica trasparenza delle acque e dalle caraibiche tonalità che il colore del mare può assumere (ma probabilmente una pineta in riva al mare ai Caraibi non s’è mai vista…).
Devo dire che la vicinanza geografica fa sì che Sithonia sia soprattutto meta di turisti provenenti dall’est europeo; vedrete una concentrazione mai vista di auto con targa bulgara, serba o romena. I turisti “occidentali” sono più rari, anche se la bellezza poco reclamizzata di queste zone sta richiamando un numero crescente di connazionali. I prezzi a Sithonia sono bassi, è facile consumare del buon pesce fresco in una miriade di piccoli ristorantini sparsi nelle poche località abitate della penisola (Vourvorou, Sarti, Kalamitsi, Toroni, Neo Marmaras e poche altre) spendendo meno della metà di quello che dovreste sborsare in Italia. 
Portokali
Per evitarvi eventuali sorprese o delusioni devo comunque anche informarvi che non è tutto oro quello che luccica. Da testimonianze raccolte in loco ed anche sulla rete viene sottolineato un punto critico della concentrazione turistica in buona parte dei mesi di Luglio ed Agosto: la possibilità di campeggio libero praticamente ovunque fa si che alcune delle spiagge più famose possano diventare affollate e meno attraenti (sporcizia e rifiuti) in alta stagione. Altre spiagge bellissime sono almeno in parte occupate da grossi camping attrezzati il che le rende sicuramente meno godibili per il visitatore occasionale. A questo proposito mi sembra particolarmente indicativa la mia personale esperienza alla spiaggia di Portokali nella costa orientale di Sithonia. Ho raggiunto questa località praticamente deserta al momento del nostro arrivo alle 9.30 di mattina a fine settembre e quindi non in alta stagione. Ho scoperto un luogo di una bellezza abbagliante, sicuramente con pochi eguali nell’area mediterranea. Eppure in Internet potrete trovare diverse segnalazioni di gente delusa da questo posto per l’eccessiva presenza umana e/o per la sporcizia. Questo non deve assolutamente dissuadervi dal visitarla; se potete, raggiungete Sithonia al di fuori dei periodi di più alta stagione o, se proprio vi è impossibile fare altrimenti, recatevi nelle località più note al mattino presto per potere assaporarne meglio la bellezza.
Personalmente mi sento di suggerire oltre a Portokali anche altre località quali Lagonisi, Banana Beach, la serie di piccole baie (Linaraki, Tourkolimnionas, Klimataria…) che si susseguono lungo la breve, ma meravigliosa, strada costiera recentemente riqualificata che si snoda a sud della marina di Sykia nel tratto più meridionale della costa orientale, Kriaritsi, Porto Koufo e il suo pittoresco fiordo, Toroni e la spiaggia di Agios Ioannis poco a nord di Neo Marmaras da dove ammirare dei fantastici tramonti.
La rete stradale di Sithonia è sostanzialmente costituita solo dalla strada che ne percorre tutto il profilo costiero e che offre spesso scorci panoramici molto suggestivi. Esistono solo un paio di località non affacciate sul mare, Parthenonas vicino a Neo Marmaras e Agios Nikolaos nella zona nord-orientale che meritano comunque una visita, la prima per i tramonti, per le viste dall’alto del paesaggio costiero, per la presenza di alcuni edifici tradizionali recentemente restaurati e di un paio di panoramici ristorantini, la seconda per l’interessante contesto abitativo e per la presenza di una incantevole piazzetta centrale, occupata da una miriade di piccoli caffè e trattorie, animatissima alla sera quando si respira un’atmosfera tipicamente e genuinamente greca.
Nelle immediate vicinanze di questa piazzetta vi suggerisco il ristorante Makis dove si può cenare su una bella terrazza ricoperta da una pregevole tettoia in legno. La qualità della cucina ed in particolare di carne o pesce cotti alla brace è veramente apprezzabile tanto che siamo tornati qui un paio di volte. I prezzi sono commoventi e come quasi ovunque da queste parti il dessert vi sarà offerto. Un altro ristorante che mi sento di consigliarvi se siete un po’ stufi della cucina greca e avete voglia di una rimpatriata  si chiama Mamma Mia, si trova a Sarti ed è gestito con grande successo da una ventina d’anni da una famiglia originaria di Riva del Garda. Scordatevi i preconcetti sulla qualità dei ristoranti italiani all’estero; questo è una clamorosa eccezione alla regola, mangerete magnificamente piatti della nostra tradizione in un gradevolissimo contesto ambientale, affacciati sull’animato lungomare della vivace cittadina.
A questo punto potreste chiedermi notizie sul vino locale considerando gli impegni “istituzionali” dell’Acino Volante. Confesso di non avere bevuto in loco cose trascendentali, ma di avere in compenso scoperto un vino greco prodotto nell’isola di Santorini consigliatomi dall’amico David Betti, grande appassionato di vini, che qui pubblicamente ringrazio per la dritta. Si tratta di un vino prodotto dall’Azienda Hatzidakis nella isola delle Cicladi e quindi in una situazione ambientale molto particolare, caldo, vento, scarsissimo apporto idrico. Le viti sono antiche, a piede franco, quindi risalenti al periodo prefillossera ed affondano le loro radici nei terreni vulcanici tipici di Santorini. Il rapporto tra produzione di uva e superficie vitata è ovviamente molto basso viste le particolari condizioni ambientali. Il vino che ho gustato,  acquistato in una piccola enoteca di Salonicco, prodotto con uve Aidani, è un piccolo gioiello per equilibrio, personalità e bevibilità. Di un bel colore giallo oro, si propone con sentori minerali, quasi sulfurei, che si compongono con richiami tipici della macchia mediterranea per dare un profilo aromatico-gustativo del tutto peculiare. L’Azienda, che coltiva le viti con criteri strettamente non interventisti, produce un altro ottimo vino bianco da uve Assyrtiko, un celebre Vinsanto ed anche alcuni rossi da altri vitigni tipici dell’isola. Non voglio fare pubblicità a nessuno, ma se cercate in rete potrete scoprire che è possibile trovare alcuni di questi vini anche in Italia grazie ad un noto e benemerito importatore.

P.S. Un viaggio in Grecia è sempre occasione per riavvicinarsi a una terra cui dovremmo tutti essere legati da un legame particolare per l’enorme lascito culturale lasciatoci da quella civiltà nel campo delle arti, delle scienze, della filosofia e della politica intesa nel senso più nobile del termine. Tutti motivi validissimi per invogliare ad un viaggio in questo paese dove, oltre tutto, noi italiani siamo sempre accolti con particolare simpatia.

giovedì 26 maggio 2016

ELOGIO DEL LAMBRUSCO

Castelvetro




Grappolo di Lambrusco Grasparossa
La cucina emiliana nelle sue più tradizionali e migliori espressioni ha pochi rivali in Italia e quindi “of course” nel pianeta. Non so se vi è mai capitato di commuovervi assaggiando qualcosa, a me ogni tanto è successo e, guarda caso, proprio con piatti della cucina emiliana. Penso ad una primo col ragù, a degli anolini in brodo, a dei tortellini burro e salvia o ad uno dei magnifici salumi che trionfano tra Piacenza, Parma, Reggio e Modena ed al Parmigiano-reggiano. Piatti semplici che quando sono cucinati al meglio incantano perché racchiudono un amore per le cose buone e una cultura gastronomica difficili da ritrovare altrove. Certo la particolare bonomia e simpatia della gente di questi luoghi aiuta ad entrare in sintonia con i loro prodotti e la loro cucina. Davanti ad uno gnocco fritto e qualche fetta di coppa/salame o quello che preferite voi, anche gli animi più freddi sentiranno il cuore riscaldarsi.
Orbene, se credete in queste cose ed avete mai provato una qualche emozione davanti a queste leccornie a quale vino pensate? Io penso al Lambrusco e so di essere in buona compagnia. Trattandosi di vino asciutto e gradevolmente acidulo si integra magnificamente con la componente grassa dei piatti classici emiliani. La gioiosa spuma che ribolle nel bicchiere quando lo riempite è un invito alla convivialità ed all’allegria.
Quelli che storcono il naso quando sentono parlare di Lambrusco non hanno probabilmente mai avuto la fortuna di assaggiarne uno di quelli giusti. 
Certo negli ultimi decenni si è fatto di tutto per screditare questo meraviglioso vino! Si è arrivati a ridurlo ad una mera bibita frizzante ed a proporlo, quasi inevitabilmente, in lattina! L’Italia ed il mondo sono stati invasi da questi pseudo-Lambrusco. Molti lo giudicano un vino di scarso pregio, adatto al massimo ad accompagnare una frettolosa pizza od un pranzo senza pretese.
Se avete questa idea del Lambrusco è bene cercare di cambiarla. Oltre al vasto mondo di prodotti industriali e di dubbia qualità esistono gemme meritevoli di essere individuate e valorizzate. Si possono scoprire vini fantastici per sapidità e gradevolezza, ottimi compagni per la tavola quotidiana e accompagnamento insostituibile per i cibi di cui sopra! Il tutto a prezzi quasi sempre molto vantaggiosi. 
Voglio solo brevemente ricordare che esistono diverse varietà di Lambrusco che prendono origine dagli omonimi vitigni: quello di Sorbara  più chiaro e profumato, il Salamino di colore più scuro e con aromi di frutta matura, il Maestri più asciutto e tannico, quello di Viadana, uva base del Lambrusco Mantovano e altri ancora. Ognuno di questi meriterebbe un trattamento a parte, ma io qui mi limiterò a parlarvi del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, così nominato per la colorazione rossastra che assumono i graspi in autunno. Si tratta di un Lambrusco paradigmatico, tipico della provincia modenese, di colore rosso rubino carico, intensamente fruttato al naso, caratterizzato in bocca dalla classica acidità e da un discreto retrogusto amarognolo. 
Ho avuto modo di conoscere ed apprezzare particolarmente i vini  prodotti dalla Fattoria Moretto. Si tratta di una piccola azienda che produce circa 70.000 bottiglie all’anno, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro in prevalenza, ma anche Pignoletto. La famiglia Altariva, attiva dall’ormai lontano 1971, è da oltre un decennio  impegnata a gestire il vigneto e la cantina nella maniera il più possibile rispettosa dell’ambiente e della salute. I bellissimi vigneti inerbiti testimoniano in maniera inequivocabile questa vocazione: niente diserbanti, trattamenti ridotti al minimo e limitati all’uso di rame e zolfo, niente sofisticate pratiche di cantina indirizzate ad ottenere prodotti omologati e “piacioni”.
La presa di spuma del vino avviene in autoclave secondo il metodo Charmat/Martinotti. Fattoria Moretto produce tre tipologie di Lambrusco,  che si differenziano tra di loro per l’origine da vigne diverse e per qualche differenza nel processo di vinificazione: il Tasso, quello più tradizionle ed autentico portabandiera della casa, il Monovitigno ed il Canova. Quest’ultimo vino è stato recentemente premiato con le 5 bottiglie dalla Guida dell’Espresso, con Slow Wine quella più affidabile nel non sempre limpido mondo delle guide enologiche italiane, giunta purtroppo quest’anno all’ultima edizione. 
In provincia di Modena, a Rubbiara vicino a Nonantola, non perdete l’occasione per una visita all’ Osteria di Rubbiara. L’oste Italo Pedroni è un personaggio unico, un po’ eccentrico, un po’ misogino, un finto burbero. Quando accennavo sopra a piatti della cucina emiliana che mi hanno lasciato un  indelebile ricordo, pensavo soprattutto alle farfalle con il ragù assaggiate in questo locale, un piatto semplicemente indimenticabile, scrigno di una cultura per la buona cucina senza eguali. Leggo di un cambio di gestione, ma sempre in famiglia, proprio in queste settimane. Spero che la magia di un tempo non vada perduta e che il figlio del mitico Italo sappia degnamente continuare la tradizione di famiglia.
Immagine di Fiumalbo
Per finire un ultimo consiglio: da Castelvetro proseguite lungo la statale 12 dell’Abetone e poco prima del passo raggiungete Fiumalbo. Il Rio dell’Acquicciola fiancheggia placido il piccolo borgo, un intreccio di viuzze corona la deliziosa piazzetta con la piccola antichissima chiesa dedicata a San Bartolomeo. Qualche negozietto, un paio di trattorie ed una limpida, serena atmosfera vi ammalieranno ed invoglieranno a sostare. Un giro nei dintorni, ad esempio verso il lago Santo Modenese, vi farà scoprire paesaggi meravigliosi ed imprevisti, verdi vallate e profili di monti ammantati di verde e senza traccia di manufatto umano; vi stropiccerete gli occhi increduli. In vicinanza di le Tagliole, piccola frazione di Pievepelago, potrete sostare alla Baita 7 nani. In un ambiente tipicamente montano, restaurato recentemente con molto gusto, potrete gustare i piatti tradizionali della zona (strepitosi i tortelloni di ricotta e spinaci) e riconciliarvi con il mondo intero.








giovedì 28 aprile 2016

Gavi, un bianco gentile e delicato, perfetto per l’estate che verrà.

Veduta di Gavi con la sua Fortezza

Gavi è un piccolo comune piemontese dell' Alto Monferrato in provincia di Alessandria. Nel passato è stato a lungo parte dei territori amministrati dalla Repubblica di Genova cui si deve la costruzione della fortezza che ancora oggi domina dall’alto il borgo e ne costituisce il più famoso monumento. In poco più di un’ora è facilmente raggiungibile per i milanesi come me dall’uscita di Serravalle Scrivia sull’Autostrada per Genova.
Il Gavi è ben conosciuto dagli amanti del buon vino perché qui si produce dall’uva Cortese l’omonimo vino bianco divenuto famoso nella seconda metà del secolo scorso soprattutto per merito della famiglia Soldati. Mario Soldati, il famoso scrittore, ne cantò le lodi in diversi suoi scritti dedicati al mondo del vino italiano, quali l’indimenticabile “Vino al vino”, ed il cugino Vittorio, patron dell’Azienda La Scolca, contribuì in maniera determinante allo sviluppo ed al successo della denominazione.
Nel 2010 il vino Gavi è stato tra i primi in Italia a potersi fregiare della “Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG)”.
Dopo un lungo periodo di appannamento e di minor successo tra gli anni 80 e la fine del secolo scorso, dovuto anche alla infelice moda di inseguire modelli di vinificazione internazionali quali l’uso indiscriminato della barrique, si è ritornati negli ultimi lustri a modelli di produzione più tradizionali ed il Gavi sta godendo di un rinnovato successo.
Nelle sue versioni migliori questo vino di un colore paglierino tenue, a volte con delicati riflessi verdolini, si distingue per un carattere assolutamente particolare: freschezza, eleganza e finezza, un timbro sussurrato alla degustazione e la delicata inconfondibile sapidità salina, chiaro richiamo al non lontano mare, contribuiscono in maniera determinante a delineare una gradevolezza ed una facilità di beva a mio avviso quasi uniche nel panorama dei bianchi italiani.
Se tendenzialmente il Gavi è vino da bere giovane per apprezzarne in pieno le doti di freschezza, annate particolari possono prestarsi anche ad invecchiamenti prolungati, dando origine a vini di maggiore complessità ed importanza a testimoniare la singolare poliedricità dell’uva cortese. Il mio consiglio è di conservarne sempre qualche bottiglia in cantina per poterne apprezzare la possibile positiva evoluzione nel tempo.
Oltre alla classica variante ferma, il Gavi è anche prodotto da alcune aziende nella tipologia spumantizzata, sia con metodo Charmat che con Metodo Classico.
Immagine dei vigneti di Nicola Bergaglio
Nello scorso decennio ho avuto modo di conoscere Gavi di diverse Aziende e di apprezzarne diversi. Mi piace elencarne alcune anche se in maniera che non può assolutamente considerasi esaustiva: La Giustiniana, Broglia, Castello di Tassarolo, La Zerba, Castellari Bergaglio, La Chiara, La Raia, Villa Sparina. Però voglio in particolare segnalarvi la casa vinicola Nicola Bergaglio nella frazione di Rovereto a pochi chilometri dal comune. 

L'Azienda, oggi guidata da Gianluigi Bergaglio con l'aiuto del figlio Diego, vanta un patrimonio di vigneti di primissimo livello, alcuni di oltre 60 anni di età e produce due sole tipologie di vini: il Gavi del comune di Gavi ed il Gavi del Comune di Gavi “Minaia”. Questo secondo vino, più ambizioso, origina dai vigneti di più antico impianto e si caratterizza per una maggiore intensità delle caratteristiche organolettiche. L’Azienda è di taglio tipicamente familiare e le bottiglie prodotte annualmente si aggirano attorno alle 150.000. Il rapporto qualità-prezzo è a dir poco commovente e l’accoglienza in loco improntata ad una gradevolissima e cordiale semplicità. I loro Gavi, vinificati esclusivamente in acciaio, mostrano un' invidiabile costanza di rendimento e nelle annate migliori si collocano facilmente tra i prodotti di più alta qualità del territorio.

Se vi recate in zona, cosa che vi consiglio altamente, non mancate una visita al Ristorante Il Moro a Capriata d’Orba (tel. 0143.46157) una dozzina di chilometri a nordovest di Gavi. Nella caratteristica piazzetta troverete un autentico presidio della cucina tradizionale locale che vanta influssi sia piemontesi che liguri. L’accoglienza è particolarmente cordiale e l’ambiente dotato di una sua semplice eleganza. Potrete anche trovare nella annessa piccola enoteca una bella selezione di bottiglie piemontesi offerte a prezzi interessanti.